giovedì 15 aprile 2010

invecchiare male




cosa accomuna pino daniele e paul weller?
intanto due carriere lunghe e straordinarie. Piene di soddisfazioni e riconoscimenti sia di pubblico che di critica. Maestri riconosciuti e venerati. 
L'altra cosa che li accomuna è che si sono entrambi irrimediabilmente rincoglioniti. 
Non mi riferisco alla musica (che anche li ci sarebbe da dire..) ma a due interviste che ho letto a poca distanza l'una dall'altra e che dicono entrambe la stessa cosa.
In estrema sintesi: "i giovani d'oggi non sono fichi come eravamo noi" " non si scrivono più le belle canzoni di una volta" "non ci sono veri talenti in giro (sottinteso : fichi come noi)". 
E' interessante perchè pur vivendo in due latitudini diversissime, appartenendo a due mondi anche musicali diversi entrambi cascano nelle classiche fregnacce da mezza età. 
Il fenomeno mi affascina. 
Quando eravamo ragazzi, noi degli anni 80, pensavamo che i "vecchi" fossero così rigidi, incapaci di capire perchè appunto provenivano da strutture sociali rigide, incapaci di capire. Eravamo convinti che la nostra generazione,  e soprattutto quella degli anni '70 sarebbero state molto diverse, proprio per le possibilità avute, la generosità offerta da un mondo che cambiava. Eravamo persuasi che saremmo stati più in sintonia con il presente, che lo avremmo capito insomma, mentre si faceva. 
Ecco perchè sentire due musicisti che hanno fatto un pò delle storia pop dei loro paesi, riempirsi la bocca di luoghi comuni che ascoltavamo dai nonni quando parlavano di claudio villa fa una grande tristezza. 
Paul Weller se la prende con i ragazzi che non fanno politica e ripensa ai bei tempi andati delle battaglie contro la Tatcher. E di nuovo non capisce che Cafè Blue degli Style Council ha fatto molta più politica  di mille minchiosissimi concerti "contro". Che la buona arte è buona politica, mentre la banalità è SEMPRE immorale ( e questa è di manuel agnelli). 
Pino Daniele è anche peggio.... la sua intervista trasuda rancore, stizza, disgusto, boria. E dice, lo ripeto, immani cazzate... cose tipo "ormai sanremo è un programma pensato per la tv" (quando invece negli ottanta era TUTTO in playback no...) oppure "non vedo certo dei De gregori e Dei Fossati tra gli artisti di oggi". 
Si capisce dall'intervista che Pino non cerca più, non ascolta più, non va alla caccia di musica diversa, che pure in italia esiste. E' pigro e presuntuoso come certi nonnetti che leggono Sorrisi e Canzoni, ascoltano radio deejay di sfuggita  e dicono "ecco lo vedi che musica di merda c'è?" 
E che ingratitudine poi. Criticare un mondo, quello della discografia italiana che ti ha portato a suonare negli stadi durante gli anni 90, mondo di cui solo adesso scopri  le storture e le imperfezioni perchè le senti sulla pelle.  E le canzoncine in italiano con Irene grandi? e le pop song sulle ragazzine in amore che ti portavano in cima alle classifiche? E andare a suonare dalla De FIlippi? Questo è cercare la qualità? Cercare il talento? 
Il finale poi è un capolavoro.  Dice più o meno " L'anno prossimo mi scadrà il contratto con una major. Non lo rinnoverò.. voglio avere le mani libere." 
 Bello questo trasformare un contratto per cui (sospetto) nessuno ti ha proposto un rinnovo, nelle famose "scelte di vita".  
Penso a come sarebbe stato più bello se un artista del genere (l'ho amato ed è stato geniale) avesse deciso per la generosità invece che per la malinconia rancorosa... magari facendosi mentore per artisti interessanti e nuovi. Aiutando la scena indipendente ad essere più ascoltata, mettendo a disposizione il suo sapere e, perchè no, i suoi soldi... che bel finale di carriera vero? 
Invece no. 
Preferisce atteggiarsi a principe del buon gusto in esilio. 
Non  ha l'onestà intellettuale di dire che è lui a non capire più i tempi. 
Preferisce dire che sono i tempi, a non capire più lui. 



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